La notizia dei livelli allarmanti di inquinamento presenti nell’aria che respiriamo ricorre sempre più frequentemente.
L’anidride carbonica, i gas e le sostanze pericolose disperse nell’aria sono moltissime, una su tutte il particolato atmosferico, composto dal famigerato PM10 e dal meno conosciuto PM 2.5 fatto di particelle più piccole, quindi di fatto ancora più facilmente assimilabili e pericolose.
Soluzioni temporanee come il blocco parziale o totale del traffico, l’utilizzo di carburanti alternativi e auto elettriche o l’imposizione di limiti ai periodi di accensione delle caldaie, si sono spesso dimostrate insufficienti.
In questa situazione ci può essere di fondamentale aiuto la natura: molti studi scientifici infatti dimostrano come nella lotta a questo tipo di sostanze l’influenza di arbusti, alberi e di alcune essenze in particolare, possa fare veramente la differenza.
Una attenta pianificazione urbana e territoriale di spazi verdi sta diventando la chiave di lettura per risolvere questo problema ed è quindi evidente come le misure di protezione dalle polveri sottili e antinquinamento consuete, vadano necessariamente accompagnate ad una nuova e differente concezione di verde cittadino, non più con un semplice valore ornamentale, ma inteso come elemento fondamentale di benessere e lotta a smog e inquinamento.
Tutte le piante per loro stessa natura contribuiscono all’eliminazione dell’anidride carbonica e di vari agenti inquinanti tramite la fotosintesi. Gli stomi delle piante assorbono l’anidride carbonica e la trasformano in ossigeno grazie alla luce solare.
A questo effetto generale valido per tutto le piante si sommano le caratteristiche morfologiche di alcune di esse che le rendono ancora più adatte a combattere l’inquinamento.
Ci sono piante che in condizioni di inquinamento eccessivo soffrono più di altre, con la perdita delle foglie e un indebolimento generale che le porta ad essere soggette ad agenti patogeni, mentre altre invece dimostrano maggiore resistenza.
Alcune particolarità di determinate piante, la struttura dell’albero, la tipologia di chioma, il fatto che sia un sempreverde o un caducifoglie, la presenza di peli delle foglie, sono fattori che vanno ad influire nella lotta agli agenti inquinanti.
La rugosità delle foglie di alcune piante ad esempio è in grado di trattenere grandi quantità di micropolveri che vengono poi lavate dalla pioggia ed anche il tronco e i rami dell’albero possono avere una funzione di questo tipo.
Alcuni studi dimostrano come varie specie di albero siano in grado di assorbire 4, 5 o anche 6 mila chilogrammi di sostanze pericolose nell’arco di tempo di vent’anni.
In molte città del nord Europa sono già stati fatti alcuni esperimenti a riguardo riorganizzando spazi di verde cittadino con l’utilizzo di alcuni alberi più resistenti all’inquinamento.
L’istituto di biometerologia di Bologna (Ibimet) ha redatto una classifica di alberi che maggiormente riescono a trattenere particelle dannose. tra questi il Bagolaro (Celtis australis), il Biancospino (Crataegus monogyna), l’Acero campestre (Acer campestris), l’Acero riccio (Acer platanoides), l’Ippocastano (Aesclulus hippocastanum), il Gelso nero (Morus nigra), il Ginkgo biloba.
Anche nel nostro privato possiamo contribuire significativamente a questa lotta, ad esempio con la realizzazione di spazi verdi come i roof garden.
Il concetto di roof garden stesso ha una storia molto antica, basti pensare ai famosi giardini pensili di Babilonia. Sono realizzabili anche in spazi contenuti e sono dei veri e propri giardini che trattengono le polveri sottili e le sostanze nocive trasportate dal vento, assorbendole e trasformandole in ossigeno grazie alla fotosintesi clorofilliana.
Un roof garden ha anche molte altre funzioni, contribuisce nel trattenimento dell’acqua piovana, aiuta nella termoregolazione degli edifici sia in estate che in inverno e funge da fungere da ottimo isolante acustico.